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Storie dai Tropici
L’Ecuador rinuncia al petrolio per salvare un pezzo di Amazzonia
(Londra, UK – 28/10/2009)
Il parco nazionale di Yasuni si trova in Ecuador, nel cuore della foresta amazzonica, ed è una delle aree a più alta biodiversità del pianeta: 650 specie diverse di piante in un solo ettaro di foresta, per non parlare poi della fauna selvatica. La riserva è anche la casa dei Waorani e di altri sparuti gruppi di indigeni amazzonici.
Ma nel sottosuolo di Yasuni c’è il più grande giacimento di petrolio dell’Ecuador, in gran parte ancora da sfruttare. Ieri il presidente Correa era a Londra per promuovere la sua campagna: conservare la biodiversità rinunciando allo sfruttamento del sottosuolo. Fermare l’estrazione del petrolio di Yasuni significherebbe preservare la natura e, al tempo stesso, avere 410 milioni di tonnellate di CO2 in meno nell’atmosfera.
La proposta di Correa prevede una spartizione dei costi dell’operazione: l’Ecuador rinuncerebbe alla metà degli introiti che potrebbe ricavare dai pozzi mentre i governi dei paesi industrializzati coprirebbero l’altra metà, pagando circa 4 miliardi di dollari in cambio di carbon credits. Non era mai accaduto che il governo di uno dei maggiori produttori di petrolio rinunciasse volontariamente a lucrare sull’oro nero. E dovrebbe far riflettere che una tale proposta venga da un paese povero, nel quale un terzo delle risorse economiche derivano proprio dal petrolio.
Spagna e Germania hanno espresso interesse ma aspettano che qualcun altro si faccia avanti; perciò nelle prossime settimane Correa sarà impegnato in una vendita porta a porta della sua proposta nei maggiori paesi industrializzati. E’ dal 2007 che ci sta provando e, nonostante tanti proclami e buoni propositi, nessun governo lo ha finora ascoltato. Si può contribuire firmando la petizione su sosyasuni.org.
per maggiori dettagli: SOS Yasuni
Il parco nazionale di Yasuni si trova in Ecuador, nel cuore della foresta amazzonica, ed è una delle aree a più alta biodiversità del pianeta: 650 specie diverse di piante in un solo ettaro di foresta, per non parlare poi della fauna selvatica. La riserva è anche la casa dei Waorani e di altri sparuti gruppi di indigeni amazzonici.
Ma nel sottosuolo di Yasuni c’è il più grande giacimento di petrolio dell’Ecuador, in gran parte ancora da sfruttare. Ieri il presidente Correa era a Londra per promuovere la sua campagna: conservare la biodiversità rinunciando allo sfruttamento del sottosuolo. Fermare l’estrazione del petrolio di Yasuni significherebbe preservare la natura e, al tempo stesso, avere 410 milioni di tonnellate di CO2 in meno nell’atmosfera.
La proposta di Correa prevede una spartizione dei costi dell’operazione: l’Ecuador rinuncerebbe alla metà degli introiti che potrebbe ricavare dai pozzi mentre i governi dei paesi industrializzati coprirebbero l’altra metà, pagando circa 4 miliardi di dollari in cambio di carbon credits. Non era mai accaduto che il governo di uno dei maggiori produttori di petrolio rinunciasse volontariamente a lucrare sull’oro nero. E dovrebbe far riflettere che una tale proposta venga da un paese povero, nel quale un terzo delle risorse economiche derivano proprio dal petrolio.
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