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Storie dai Tropici

La diga che lascia a secco contadini e bestiame

(Valle dell'Omo, Etiopia - 29/3/2010)

Prosegue la campagna lanciata da International Rivers, Survival e diverse altre ong che chiedono di fermare la costruzione della diga Gibe III sul fiume Omo.
L'Omo nasce dagli altopiani centrali dell'Etiopia e compie un viaggio di 800 km prima di sfociare nel lago Turkana, in Kenya. Lungo le sue rive vivono circa 500 mila famiglie, suddivise in numerose tribù di pastori e agricoltori nomadi e stanziali. La quasi totalità di queste persone non sa ancora nulla della minaccia che incombe sull'Omo, risorsa vitale e luogo di riti e faide tribali, e che potrebbe sconvolgere il loro modo di vivere.
Se completato, il gigantesco sbarramento di 243 metri, il più alto del continente africano, modificherà i cicli naturali del fiume, mettendo a rischio pascoli, coltivazioni e riserve ittiche.

"L'ecosistema e le tradizioni culturali della Bassa Valle dell'Omo e del lago Turkana, riconosciuti entrambi patrimonio dell'umanità dall'Unesco e già sottoposti a gravi pressioni ambientali, andrebbero persi per sempre" scrivono i promotori della campagna internazionale.
Gibe III, che avrà una capacità produttiva di 1.870 MW - il doppio di quanto disponibile in tutta l'Etiopia l'anno scorso - non mira tanto a fornire ulteriore energia alle zone rurali del paese, che pure ne avrebbero bisogno, giacché solo il 2 percento delle famiglie ha accesso alla rete elettrica.
Il governo di Addis Abeba ha in mente piuttosto di diventare il più grande esportatore di energia elettrica del continente africano ed ha avviato piani per la costruzione di diversi mega impianti idroelettrici, compreso uno sbarramento gigante da 2.100 MW sul Nilo Azzurro, che servirà anche il Sudan e l'Egitto.

Il ritmo con cui si sta procedendo e la portata dei progetti idroelettrici destano preoccupazione.
Il governo etiope ha deciso di aprire i cantieri della Gibe III nel 2006, prima di assicurarsi l'intero finanziamento dell'opera. L'appalto è stato aggiudicato ad un'impresa italiana, la Salini Costruzioni, senza una gara e senza aver completato uno studio di impatto ambientale. E soprattutto, come denunciano le associazioni contrarie alla realizzazione della diga, senza aver interpellato le comunità a valle, in aperta violazione della costituzione etiope e del diritto internazionale sulla proprietà della terra.

Il governo di Addis Abeba e la Salini respingono qualsiasi accusa, definendole prive di fondamento tecnico, e dipingono come irresponsabile il comportamento degli attivisti. Il progetto è a corto di fondi e il rumore e le polemiche sollevate dalla campagna sono una bella seccatura proprio mentre i potenziali finanziatori, tra cui la Banca Africana di Sviluppo (AfDB), la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), la Banca Mondiale e il Governo italiano stanno valutando l'opportunità di concedere un prestito.

Altri dettagli su Stop Gibe 3 Dam

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