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Storie dai Tropici

Nelle Maldive gli squali nel centro del mirino

(Male, Maldive - 20/1/2010)

Lo scorso anno il governo maldiviano, spinto dalla necessità di proteggere alcune specie di squali a grave rischio di estinzione, aveva bandito la pesca allo squalo fino a 12 miglia nautiche al largo delle coste di tutti gli atolli dell'arcipelago. A partire da marzo il divieto sarà esteso anche alle specie oceaniche.
Il mantenimento della popolazione di squali, si sa, è fondamentale per la conservazione degli ecosistemi dell'oceano. Per le Maldive, oltre che una priorità ambientale, è anche una legge di mercato. Turistico, s'intende; più di un terzo dei turisti che vanno alle Maldive vogliono avere incontri ravvicinati con gli squali.
Nello scorso mese di ottobre, un gruppo di ospiti del Soneva Fushi Resort aveva protestato dopo aver visto pinne di squalo messe a seccare sull'atollo di Baa Thuladhoo. Di video che mostrano squali privati delle pinne, agonizzanti sul fondo del mare, se ne vedono molti in rete e le Maldive sono spesso nel mirino poiché, nonostante il divieto di pesca negli atolli turistici, la pratica dello shark finning è ancora molto diffusa in tutto l'arcipelago.
Gli squali vengono presi all'amo, tirati sulla barca al solo scopo di tagliare loro le pinne, e ributtati in acqua a morire. Le pinne sono poi vendute ai distributori, che le seccano e le commercializzano sui mercati esteri, prevalentemente quelli del sudest asiatico, dove la zuppa di pinne di squalo è considerata una vera prelibatezza. Alla fine della catena possono valere fino a 300 USD il chilo. Per i pescatori di squalo maldiviani il guadagno è piuttosto misero, ma è pur sempre una fonte di sostentamento; già prima di estendere il divieto, il governo aveva promesso di trovare fonti alternative e altri modi di vivere per le centinaia di pescatori che ancora praticano la pesca allo squalo.
Più degli ambientalisti e dei biologi marini, è stata la pressione dell'industria turistica a vincere qualsiasi preoccupazione circa l'impatto sull'economia nazionale dei mancati introiti della pesca. Basta fare due conti: mentre i pescatori di squali contribuiscono all'economia nazionale con circa 100.000 dollari l'anno, le immersioni con gli squali generano guadagni per ben 2,3 milioni. Così il governo si è deciso: mantenere gli squali vivi, non soltanto fa bene all'ecosistema marino, ma è anche più redditizio.
Gli squali possono dunque nuotare tranquilli? Forse non tutti, almeno secondo i biologi del Maldive Whale Shark Research Project. E' di pochi giorni fa la notizia di scontri tra alcuni ricercatori marini e gli operatori turistici dell'atollo di Ari Sud. Il motivo del contendere è la presenza di squali balena nella punta meridionale dell'atollo, una zona dichiarata protetta nel giugno dell'anno scorso; la pressione turistica diventa sempre maggiore, tanto che si arriva a vedere fino a 25 imbarcazioni e più di 100 turisti che nuotano attorno ad un solo squalo. Secondo i ricercatori, molti sub si spingono tanto vicino da toccare questi enormi e pacifici animali, alcuni addirittura tenterebbero di cavalcarli.
Mentre i biologi avvertono che un'eccessiva interazione con l'uomo potrebbe portare gli squali balena a migrare in acque meno frequentate di quelle maldiviane, cosa peraltro già accaduta in Messico e in Sud Africa, le guide e gli operatori subacquei ribattono con forza, sostenendo che finché la legge non vieterà questo tipo di comportamenti, la gente può continuare a farlo. "Noi dei centri diving e i proprietari di barche da safari", dicono, "facciamo solo il nostro lavoro: mostrare ai turisti la bellezza delle Maldive."

Viaggiare alle Maldive

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